Nel Regno della Fantasia

Riccardo Pazzaglia • 17 dicembre 2025

Fiabe, burattini e l’arte di raccontare

Chiudi gli occhi. Immagina una stalla, una fiamma che crepita, un gruppo di persone sedute in cerchio, bambini sulle ginocchia dei nonni, e una voce che racconta. È la voce del fulésta, narratore popolare, capace di evocare mondi interi con una semplice inflessione, una pausa, uno sguardo. In quelle sere d’inverno senza schermi e senza immagini, la fiaba era tutto: spettacolo, educazione, mistero ed emozione. La fantasia nasceva così. Ed è proprio da lì che arrivano i nostri burattini.

Dal focolare al casotto: i burattini bolognesi hanno sempre avuto un legame fortissimo con la tradizione orale. Hanno raccolto, trasformato, portato in scena le “fól”, come si chiamano da noi: storie popolari piene di magie, draghi, streghe, principi e camerieri fatati. Non favole nel senso più didascalico del termine, ma fiabe vere, dense di simboli, oscure e luminose, dove il Bene e il Male si fronteggiano, e l’Eroe, spesso un popolano con poca fortuna ma molto coraggio, supera mille prove fino a conquistare il suo posto nel mondo.

Nei racconti bolognesi, Fagiolino e Sganapino non si limitano a bastonare prepotenti o risolvere faccende quotidiane:
– affrontano streghe come la
Guercia, che perde gli occhi e con essi il suo potere;
– combattono draghi e diavoli chiamati
Berlike, rossi o verdi;
– si scontrano con
Orchi agli ingressi dell’Ade, sfidano il Destino, la Morte e l’Egoismo che nei burattini prendono forma, voce, corpo. Persino i Dei dell’Olimpo fanno capolino: Giove, Eolo, Vulcano, e poi naturalmente Bacco, che ricorda la sete infinita dei nostri eroi per il vino buono.

Come ogni fiaba che si rispetti, anche nel casotto bolognese l’Eroe intraprende un viaggio: accompagnato da fate come la Fata Verde o da guide improbabili, attraversa mondi, soglie e pericoli.
A volte ne esce trasformato, pronto a regnare con il suo Amore.  Altre volte... si accontenta di
salame sugli alberi, vino dal suolo e grana padano come pietre, come nel celebre “Mondo della Cuccagna” dipinto da Demetrio Presini in una scenografia per l'omonimo spettacolo di burattini.

Bologna, diversamente da altre parti d'Italia, conserva poche raccolte di fiabe popolari scritte, ma un immenso patrimonio tramandato con la voce. Testi come La ciaqlira dla banzola, le Novelle popolari bolognesi di Carolina Coronedi Berti o i racconti di Oreste Trebbi sono rari, ma preziosi. Il teatro dei burattini li ha custoditi, reinventati e tenuti vivi dentro le baracche.

E se il fulésta un tempo era l’uomo che narrava accanto al fuoco, oggi il suo erede si chiama Fagiolino, che nel testo Al fol ed Fasulén si fa narratore, commentatore, giudice e guida attraverso il mondo delle fiabe.

E poi c’è lei: la Vecchia, figura ambigua e potente. È strega? È fata? È Befana? Nella commedia di Pulidora, destinata a essere bruciata pubblicamente, riaffiora la paura antica della donna sapiente, capro espiatorio e vittima sacrificale. Ma lei, prima di scomparire tra le fiamme, ammonisce le coetanee con saggezza:

“Veci oh veci, avì giudezzi se an vli ander a pricipezzi…”

Nel nostro Regno della Fantasia, il passato non è mai davvero passato. I burattini sono vivi più che mai. Parlano la lingua del popolo, ridono dei potenti e raccontano ai bambini.
Raccontano
quello che siamo, quello che eravamo e quello che potremmo ancora essere.